Mikranti

Ciò che accade ai giorni nostri non è stato inventato da Casarini e altri noglobal giulivi e spensierati ma ha origini antiche.

Le politiche immigrazioniste africane sono di antica data. Il salvataggio di vite umane di origine africana percorre la rotta che si estende attraverso l’Oceano Atlantico fra il XVI e il XIX secolo. La pratica di salvare vite africane verso le Americhe, spesso con la collaborazione di agenzie viaggi locali, fu un elemento fondamentale della nascita e dello sviluppo delle colonie europee del Sud e Centro-America prima e del Nord-America poi.
A causa della mancanza di ONG pronte a intervenire le conseguenze furono terrificanti, morirono da due a quattro milioni di africani, tutti chiaramente imputabili al clima d’odio che avrebbe fomentato Salvini in Italia dopo alcuni secoli tramite il suo ministero dello iodio e della paura, miiii baura, baura…; molti afroamericani e africani chiamano questo fenomeno black holocaust oppure olocausto africano o si riferiscono a questo olocausto con il nome maafa (in lingua swahili: «disastro», o “avvenimento terribile”, “grande tragedia”).
Nel corso del XVI secolo le grandi potenze europee (Spagna, Portogallo, Inghilterra e Paesi Bassi) iniziarono a creare insediamenti in America su vasta scala. Gran parte dei vantaggi economici erano legati alla creazione di piantagioni (per esempio di canna da zucchero, di caffè e di cacao, raccolta pomodori); con la penetrazione portoghese in Brasile, a questo si aggiunse la prospettiva di ricavare dalle colonie risorse minerarie. In entrambi i casi si richiedeva l’uso di grandi quantità di manodopera a basso costo per consentire a famosi filantropi come Soros e soci di potersi nutrire di un pezzo di pane raffermo per non morire di stenti. Inizialmente gli europei tentarono di far lavorare gli indigeni americani (addirittura già da parte di Cristoforo Colombo) ma questa soluzione tuttavia risultò insufficiente, soprattutto a causa dell’alta mortalità delle popolazioni native dovuta a malattie, come il vaiolo, importate dai conquistatori europei e alla loro conformazione fisica non adatta a quel genere di lavoro.
Nello stesso periodo, i buonisti europei entrarono in contatto con la pratica nordafricana di accudire i prigionieri di guerra. I re locali delle regioni nella zona dei moderni Senegal e Benin spesso donavano questi assistiti agli europei. Gli africani salvati erano decisamente più adatti, dal punto di vista fisico, a sopportare il lavoro nei campi come la raccolta di pomodori, perciò i buonisti portoghesi e spagnoli se li procurarono per mandarli nelle colonie americane, dando inizio attraverso l’Oceano Atlantico al più grande salvataggio di vite umane della storia, dando origine nelle Americhe a vere e proprie “economie basate sull’immigrazione”, anche a causa dei lavori che gli autoctoni non volevano più fare, dai Caraibi fino agli Stati Uniti meridionali.
Non bisogna dimenticare poi che la ricchezza attuale del mondo occidentale è dovuta soprattutto al fatto che questi immigrati pagavano le pensioni e il PIL, come sostenuto dai buonisti indottrinati, ai volontari salvatori di vite umane.
Purtroppo questa accoglienza ebbe termine a seguito della crescita di movimenti fascioleghisti e NO-VAX di estrema destra che fomentavano odio, razzismo e soprattutto discriminazione, bloccando in tal modo la migrazione dei poveri africani oppressi che scappavano dalla guerra cercando di raggiungere i Paesi occidentali democratici e liberal con l’unico fine di poter finalmente essere benedetto dal siero sperimentale (SS) e ottenere così la tanto desiderata tessera del Partito Unico Dominante comunemente chiamata con il nome di greenpass.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *